Un quattro anni or sono, mi contattò
un bel barista piemontese, Massimo Barbaro, amante dei viaggi
internazionali. Poco più giovane di me, alto, ben piazzato, stiloso
nel vestire, sempre calzature di classe, (io amo osservare le scarpe degli
uomini, perché mi parlano dell'uomo che le indossa), sorriso stellato, occhi dolci, pur essendo
rasato, mi sembrò subito cortese e porcello. Ma la sua
caratteristica più spiccante in quel mare grande di Badoo, tra
stalker, pedofili, satanisti, era la sua generosità. Infatti, quando
gli dissi che attraversavo un periodo di difficoltà economiche (non potevo nemmeno
ricaricare il credito del telefono), pensò lui stesso a farmene una da 50 euro (erano soldi, all'epoca) pur di chattare con me.
Mi offrì un pranzo in un localino ammodo, dove mi toccava
carezzevole le mani, quasi presago del nostro immediato futuro. Aveva
belle mani, altro dettaglio che noto. Mi sentivo sciogliere sotto quel tocco leggiadro e
maschile. Andammo da me e ficcammo. Era dolce e rispettoso, ma
aveva un cazzone ENORME. Infatti, quando gli slacciai i pantaloni
trendy e gli abbassai i boxer firmati, balzò fuori come un uccello
costretto in gabbia che non vedeva l'ora di volare. Da me. Glielo
presi in mano, mentre limonavamo. Iniziai subito a fargli un
massaggio vigoroso, sentivo l'erezione crescere a dismisura. Massimo mi
palpava i seni morbidi con le sue mani curate. La saliva mi
aumentava: ero pronta a fargli una bella pompa. Volevo che mi
riempisse la bocca di quella carne abbondante e dura. Così mi
inginocchiai davanti a lui e cominciai a farmi aprire le labbra dalla
Cappella Sistina. Scivolava molto bene nella mia bocca satura di
saliva. Glielo succhiai forte: sapevo che un cazzone grosso non ha
paura dell'intensità. E così infatti era. Premevo il glande contro
il palato grazie alla mia lingua muscolosa, intanto creavo il vuoto
dietro, vicino alle tonsille. Un risucchio che so irresistibile. Poi
lasciavo andare, in modo da sfilare tutta l'asta, ma solo fino alla
piega del glande: qui mi fermavo, arrotando la cappella con la
lingua, insistendo sotto la piega, cercando di centrare con la mia
puntina linguesca il suo buchino. Massimo aveva una particolarità:
era l'unico uomo che durante il godimento, urlasse. Mi eccitava
ancora di più. Lo guardavo ad occhi spalancati di sotto in su, con
la Cappella Sistina in bocca. Lui mi guardava dall'alto in basso: e
rideva e urlava di piacere. E poi tornavo a farlo affondare fino alle
tonsille. Era così grosso che soffocavo. Ma mi piaceva. Avanti.
Indietro. Avanti. Indietro. Avanti. Indietro. Avanti. Indietro.
Avanti. Indietro. Con un ultimo urlo, Massimo ebbe il suo orgasmo. Mi
feci sciacquare le tonsille come mai prima di allora. Poi mi sputai
il suo seme sulle mani e praticai un massaggio ai miei seni nudi,
guardandolo. Le mie mani scivolavano seriche ma, incontrando l'asperità dei capezzoli, si fermavano. Indugiavano. Tiravano. Stringevano. Allungavano. Anche Massimo mi guardava con occhi vacui e tornati vogliosi. Mi sollevò tra le braccia, mi adagiò sul letto: si
offerse al mio sguardo. Era già pronto un'altra volta. Mamma mia...
Sospirai di voglia. Quell'uccellone mi chiamava, gli calzai il condom con la bocca, poi mi rovesciai all'indietro sul letto... Aprii le gambe, le
braccia... E lo accolsi dentro me. Mi stantuffò a morte, ma con
tenerezza. Non conosceva stanchezza. La mia sorellina, provata dal
passaggio di due infanti, è accogliente. Quando trova uccelli
grandi, è addirittura grata. Sentii subito l'elettricità
prorompente di un orgasmo forte in arrivo. Venni subito, a
ripetizione. Stringevo a me quel corpo possente, non muscoloso, ma
possente e maschio. Sentivo l'infinito dentro di me. Ero contenta e
ridevo ridevo ridevo ridevo... Più che ridere, era un gorgheggiare,
da tanto forte era l'orgasmo. Anche Massimo, rincuorato da quella
prova inconfutabile, sorrideva beato. E trapanava sempre di più.
Finché venne anche lui. Si buttò su di me a corpo morto. Mi piace
il peso del mio partner addosso. Riposammo entrambi sfiniti. Restammo
abbracciati per lunghi minuti. Soddisfatti. Gli dissi: Sei il mio
maschio ideale. Peccato abitasse lontano.
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